Incesto by Anais Nin

Incesto by Anais Nin

autore:Anais Nin [Nin, Anais]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T07:26:27+00:00


La nostra grande tragedia è stata di trovare degli adoratori ma nessuno che fosse alla nostra altezza. Abbiamo la sensazione di correre sempre avanti. Mio padre vent’anni fa ha compiuto gesti che solo oggi vengono messi in pratica da tutti. Anch’io ho anticipato le mode, lo stile; so che in

“Alraune” c’è una qualità che sarà compresa solo tra molto tempo. Persino in amore saremo capiti molto più tardi. So che Henry un giorno si sveglierà pieno di cocenti rimpianti, perché mi ha amata nella maniera per lui migliore, che però non è sufficiente. Si rende oscuramente conto che io sono la fiamma della sua vita, ma ignora tutto ciò di cui avrei potuto nutrirlo, se fosse stato pronto per altro.

Ha raggiunto le sue più alte vette mentali - ma sono troppo rarefatte. Non può restarci. In Henry ci sono innumerevoli punti ciechi, e il massimo tra tutti è la sua mancanza di comprensione. Ha compiuto i suoi più nobili sforzi con Lawrence e con me. Quando sono arrivata ad Avignone, incandescente, e parlavo febbrilmente, ha fatto come Hugo: mi ha spenta. Ma ho capito che si trattava di gelosia. “Dopo tuo padre, devo sembrarti banale.” Questo mi ha toccato e immediatamente ho abbassato il mio diapason, ma mi ha fatto male che Henry non compisse nessuno sforzo per capire, che mi imponesse un interesse per il caffè, il Benedictine, la musica da quattro soldi, i passanti, le puerilità, i volti, le esteriorità, il cibo - quando c’era, dentro di me, tutta quella feconda materia. Mi ha spenta. Ha spento l’estroversa. Caffè ovunque. Bevande. Cibo.

Passanti. Sempre. E io ne godevo, quando per me erano cose nuove. Strade. Puttane. Film. Discorsi insensati. Sì, su gente senza senso. Quell’imbecille di Fred, ma Henry è in grado di sopportare Fred.

Tutto compreso, senza discernere. Insensato, acritico. Tutto questo è divenuto più sommesso quando Henry ha incominciato a lavorare. Niente più caffè. Non me la sono certo presa. Non avevo mai giocato abbastanza, non ero mai stata insensata. Mi ha fatto bene. La buffoneria e gli stari d’animo gravi di Henry. La sua noncuranza. Ad Avignone mi è venuta a noia. Avevo grandi bisogni e lui era troppo poco all’altezza. Dopo alcuni giorni di tutto questo ho rincominciato il diario.

A che scopo dire tutto questo a Henry? Ho imparato a non lottare contro le limitazioni delle persone, a lasciare che ci siano, a non torturarle. Mi sono detta: “Henry è fatto così.” L’ho accettato.

Ho tentato di recuperare la gioia che provavo quando un tempo stavamo insieme nei caffè - gioia, gioia per un nonnulla - ed ero annoiata. Annoiata. Gli interessi di Henry per il gilè verde di un cicerone, per il rosa di una casa, per la camicia rossa di un tale, per il modo di camminare di un bambino, per cose da nulla, alla fine mi hanno annoiato. Lui, l’uomo che non opponeva resistenza alla vita, che cercava solo divertimento, divertimento. All’improvviso mi sono resa conto di essere giunta al fondo di questo divertimento, che mi lasciava con la fame.



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